MEMENTO

Il valore di questa pagina è data dalla riflessione sul rapporto tra sviluppo e tutela ambientale che tali ricorrenze debbono sollecitare nella coscienza civile del Paese, perchè siano evitati in futuro i lutti e i disastri del passato. Questa pagina vuole essere un occasione per l’organizzazione di manifestazioni, cerimonie ed iniziative per ricordare cosa significa avere rispetto per il patrimonio ambientale e le conseguenze a cui può portare il suo deterioramento.
11.03.2011 IL DISASTRO DI FUKUSHIMA - a causa del terremoto del Tōhoku del 2011, la centrale ha subìto gravi danni, che hanno causato la messa fuori uso dei vari sistemi di raffreddamento e diverse esplosioni che hanno portato alla dispersione di grandi quantità di radioattività. L'incidente è stato classificato al massimo grado di gravità della scala INES ed ha comportato l'evacuazione di un raggio di oltre 30 km. 28.03.1979 - L'incidente di Three Mile Island avvenne nella centrale nucleare sull'omonima isola nel 1979 e fu il più grave incidente nucleare avvenuto negli Stati Uniti, sebbene non abbia causato morti accertate. L'incidente all'unità 2 avvenne esattamente alle ore 4:00 di mercoledì 28 marzo 1979, quando il reattore era a un regime di potenza del 97%. L'incidente ebbe inizio nel circuito di refrigerazione secondario, con il blocco della portata di alimentazione ai generatori di vapore. Questo blocco portò nel circuito primario di raffreddamento del nocciolo ad un considerevole aumento della pressione del refrigerante, causando prima l'apertura di una valvola PORV di rilascio posta sul pressurizzatore e poi lo "SCRAM" (arresto di emergenza del reattore mediante l'inserimento delle barre di controllo). A questo punto la valvola di rilascio non si richiuse e gli operatori non si resero conto del problema, anche perché non vi era nella strumentazione l'indicazione della reale posizione della valvola. Fu così che il circuito di raffreddamento primario si vuotò parzialmente e il calore residuo del nocciolo del reattore non poté essere smaltito. A causa di ciò il nocciolo radioattivo subì gravi danni. Gli operatori non poterono diagnosticare correttamente cosa avveniva e reagire in maniera adeguata. La strumentazione carente della sala di controllo e l'addestramento inadeguato risultarono essere le cause principali dell'incidente. Durante l'incidente si ebbe una pericolosa fusione parziale del nocciolo e in conseguenza dei gravissimi danni riportati l'unità 2 fu chiusa ed è ancora oggi sotto monitoraggio, in attesa delle future azioni di smantellamento. 20.04.2010 - Il disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon è stato uno sversamento massivo di petrolio nelle acque del Golfo del Messico in seguito a un incidente riguardante il Pozzo Macondo, posto a oltre 1.500 m di profondità. Lo sversamento è iniziato il 20 aprile 2010 ed è terminato 106 giorni più tardi, il 4 agosto 2010, con milioni di barili di petrolio che ancora galleggiano sulle acque di fronte a Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida, oltre alla frazione più pesante del petrolio che ha formato ammassi chilometrici sul fondale marino. È il disastro ambientale più grave della storia americana, avendo superato di oltre dieci volte per entità quello della petroliera Exxon Valdez nel 1989[1]. Pertanto, spesso ci si riferisce a questo disastro con l'espressione "Marea nera" CERNOBYL - 26/04/1986 Il disastro di Černobyl è stato il più grave incidente nella storia dell'energia nucleare. Insieme all'incidente avvenuto nella centrale di Fukushima Dai-ichi nel marzo 2011 è stato classificato con il livello 7 (il massimo) della scala INES dell'IAEA. Avvenne il 26 aprile 1986 alle ore 1:23:00 presso la centrale nucleare V.I. Lenin, situata a 3 km da Pripjat' e a 18 km dalla città Černobyl', in Ucraina, 16 km dal confine con la Bielorussia. Nel corso di un test definito "di sicurezza" (già eseguito senza problemi di sorta sul reattore n°3), furono paradossalmente violate tutte le regole di sicurezza e di buon senso portando ad un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore numero 4 della centrale: si determinò la scissione dell'acqua di refrigerazione in idrogeno ed ossigeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il contatto dell'idrogeno e della grafite incandescente delle barre di controllo con l'aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione, lo scoperchiamento del reattore ed un vasto incendio dello stesso. Una nube di materiali radioattivi fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale che furono pesantemente contaminate, rendendo necessaria l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, raggiungendo anche l'Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l'Austria e i Balcani, fino anche a porzioni della costa orientale del Nord America. Il rapporto ufficiale,redatto da agenzie dell'ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre), conta 65 morti accertati e stima altri 4.000 decessi dovuti a tumori e leucemie lungo un arco di 80 anni che non sarà possibile associare direttamente al disastro. I dati ufficiali sono contestati da associazioni antinucleariste internazionali, fra le quali Greenpeace, che presenta una stima di fino a 6.000.000 di decessi su scala mondiale nel corso di 70 anni, contando tutti i tipi di tumori riconducibili al disastro secondo lo specifico modello adottato nell'analisi.Altre associazioni ambientaliste, come il gruppo dei Verdi del parlamento europeo, pur concordando sul numero dei 65 morti accertati del rapporto ufficiale ONU, se ne differenzia e lo contesta sulle morti presunte che stima piuttosto in 30.000 ~ 60.000. 01.05.2006 1^ COMMEMORAZIONE IN RICORDO DELLE VITTIME DI MINAMATA (GIAPPONE) La malattia di Minamata è stata scoperta per la prima volta a Minamata, città della Prefettura di Kumamoto in Giappone, nel 1956. Fu causata dal rilascio di metilmercurio nelle acque reflue dell'industria chimica Chisso Corporation, che perdurò dal 1932 al 1968. Questo composto chimico altamente tossico si accumulò nei molluschi, nei crostacei e nei pesci della baia di Minamata e del mare di Shiranui, entrando nella catena alimentare e causando così l'avvelenamento da mercurio degli abitanti del luogo. Mentre i decessi (inclusi quelli di cani, gatti e maiali) continuarono per più di 30 anni, il governo e l'industria chimica fecero ben poco per prevenire il disastro ambientale. Al marzo 2001, circa 2.265 vittime sono state ufficialmente riconosciute (1.784 delle quali sono morte)[2], e più di 10.000 hanno ricevuto risarcimenti dalla Chisso[3]. Le cause e le richieste di risarcimento continuano tutt'ora. Nel 1965, un secondo disastro ambientale nella Prefettura di Niigata provocò un riemergere della malattia (alla quale venne dato il nome di malattia di Niigata Minamata). Entrambi i casi sono considerati fra i maggiori disastri da inquinamento in Giappone. IL DISASTRO DI SEVESO - 10/07/1976 Con il termine disastro di Seveso si fa riferimento all'incidente avvenuto il 10 luglio 1976 nell'azienda ICMESA di Meda, che provocò la fuoriuscita di una nube di diossina del tipo TCDD, una tra le sostanze tossiche più pericolose. La nube tossica investì una vasta area di terreni nei comuni limitrofi della bassa Brianza, in particolare Seveso.Verso le 12:37 di sabato 10 luglio 1976, nello stabilimento della società ICMESA sito nel territorio del comune di Meda, al confine con quello di Seveso, il sistema di controllo di un reattore chimico destinato alla produzione di triclorofenolo, un componente di diversi diserbanti, andò in avaria e la temperatura salì oltre i limiti previsti. La causa prima fu probabilmente l'arresto volontario della lavorazione senza che fosse azionato il raffreddamento della massa, e quindi senza contrastare l'esotermicità della reazione, aggravato dal fatto che nel processo di produzione l'acidificazione del prodotto veniva fatta dopo la distillazione, e non prima. L'esplosione del reattore venne evitata dall'apertura delle valvole di sicurezza, ma l'alta temperatura raggiunta aveva causato una modifica della reazione che comportò una massiccia formazione di 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (TCDD), sostanza comunemente nota come diossina, una delle sostanze chimiche più tossiche. La TCDD fuoriuscì nell'aria in quantità non definita e venne trasportata verso sud dal vento in quel momento prevalente.[1] Si formò quindi una nube tossica, che colpì i comuni di Meda, Seveso, Cesano Maderno e Desio. Il comune maggiormente colpito fu Seveso, in quanto si trova immediatamente a sud della fabbrica.Le prime avvisaglie furono l'odore acre e le infiammazioni agli occhi. Non vi furono morti, ma circa 240 persone vennero colpite da cloracne, una dermatosi provocata dall'esposizione al cloro e ai suoi derivati, che crea lesioni e cisti sebacee. Per quanto riguarda gli effetti sulla salute generale, essi sono ancora oggi oggetto di studi. I vegetali investiti dalla nube si disseccarono e morirono a causa dell'alto potere diserbante della diossina, mentre migliaia di animali contaminati dovettero essere abbattuti. La popolazione dei comuni colpiti venne però informata della gravità dell'evento solamente 8 giorni dopo la fuoriuscita della nube. Il 19 luglio 1966 franò l'estremità occidentale della città. I primi movimenti franosi si avvertono intorno alle sette del mattino, con il crearsi delle prime fenditure nei piani viari. L'intervallo di tempo tra i segni premonitori e i movimenti franosi più violenti, consente agli abitanti di mettersi in salvo. I movimenti franosi diventano sempre più rapidi e si manifestano anche nei giorni seguenti, per un periodo di un mese, causando crolli e dissesti viari del territorio[1]. Notevoli i danni nel centro storico, della parte ovest della collina franata: molti piani viari dissestati e danni ai palazzi di recente costruzione, alcuni dei quali precauzionalmente abbattuti. La parte più colpita è la zona sud-ovest del quartiere dell'Addolorata (la cui faglia si è posta in modo trasversale al tracciato delle antiche mura di cinta, non più esistenti, del quartiere Rabato) e il quartiere di S. Michele, nella parte nord-ovest della città antica, dai quali si decreta lo sgombero di oltre 5000 senzatetto: l'evento si verifica tra via Dante, via S. Stefano e la discesa per Porto Empedocle. LA DIGA DEL VAJONT - 09/10/1963 Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave, davanti a Longarone e a Castellavazzo, in provincia di Belluno (Italia). La storia di queste comunità venne sconvolta dalla costruzione della diga del Vajont, che determinò la frana del monte Toc nel lago artificiale. La sera del 9 ottobre 1963 si elevò un immane ondata, che seminò ovunque morte e desolazione. La stima più attendibile è, a tutt'oggi, di 1910 vittime. Sono stati commessi tre fondamentali errori umani che hanno portato alla strage: l'aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l'aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l'allarme la sera del 9 ottobre per attivare l'evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione. Fu aperta un'inchiesta giudiziaria. Il processo venne celebrato nelle sue tre fasi dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971 e si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi. Ora Longarone ed i paesi colpiti sono stati ricostruiti. La zona in cui si è verificato l'evento catastrofico continua a parlare alla coscienza di quanti la visitano attraverso la lezione, quanto mai attuale, che da esso si può apprendere. BHOPAL - 2.3/12/1984 Sono passati 25 anni dal peggior disastro industriale della storia. La notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984, a Bhopal, in India, quaranta tonnellate di gas letali fuoriuscirono dalla fabbrica di pesticidi della Union Carbide. 8000 furono i morti nell'immediato. Oggi si contano 25000 vittime. I sopravvissuti non hanno mai ricevuto un risarcimento adeguato. Il sito non è stato bonificato e la gente continua a bere acqua contaminata. La Dow Chemical possiede oggi la Union Carbide. Come vi renderete conto dalle testimonianze che pubblichiamo, la Dow opera in maniera diversa ma ugualmente irresponsabile in India come negli Stati Uniti.