sabato 3 dicembre 2016

LE RAGIONI ECOLOGISTE PER UN NO RADICALE ALLA CONTRORIFORMA DELLA COSTITUZIONE

"In questi anni e decenni, proprio attorno alle questioni ambientali, abbiamo visto i nostri territori trasformarsi in scenari di scontro – spesso anche violento – in reazione a scelte imposte dall’alto. Territori sono stati militarizzati, cittadini trattati come facinorosi. Ma altro non chiedevano se non di poter dire la loro sul futuro dei loro territori e delle loro vite. Poi è arrivata la Corte costituzionale che ha demolito pezzo per pezzo Leggi obiettivo e Sbloccaitalia e si è scoperto che i teppisti non erano i cittadini, ma i governi che hanno agito fuori dal dettato costituzionale. L’Italia ha riprodotto – nel piccolo, ma in modo estremamente fedele – lo scenario globale nel quale l’attacco alla democrazia avviene attraverso il saccheggio ambientale in nome della “crescita” dei pochi contro i diritti di tutti. Abbiamo, soprattutto, toccato con mano l’arretratezza italiana rispetto alle normative europee che, invece, impongono la una governance partecipata del territorio.Nel nuovo testo, l’ambiente diventa una mera enunciazione. Le parole “tutela e valorizzazione” scompaiono. La difesa dell’ambiente non è più una prerogativa costituzionale della Repubblica. In questo modo, si sterilizzano gli articoli 9 (Tutela del paesaggio) e 32 (Tutela della salute) della Costituzione, pur non essendo stati modificati. In secondo luogo, la riscrittura delle competenze tra potere centrale e periferico, non semplifica. Al contrario, introduce sciocche ingessature che rischiano di paralizzare l’amministrazione. Secondo il nuovo Titolo V, infatti, lo Stato dovrebbe definire le “disposizioni generali e comuni” e alle Regioni spetterebbero le “disposizioni non generali e non comuni”. Sarà quindi di nuovo la Corte costituzionale a doversi pronunciare su cosa è “generale e comune” e cosa non lo è. Ma, a differenza della norma vigente, le Regioni non potrebbero più legiferare su materie tipicamente locali, come il governo del territorio. Non potrebbero più sopperire (come hanno fatto un questi anni) ai cronici ritardi della legislazione nazionale. Per rispondere ai bisogni dei loro territori dovranno attendere che arrivino dall’alto le “disposizioni generali e comuni”. Al contrario, materie di effettivo interesse nazionale come agricoltura, industria, attività minerarie non rientrano nell’elenco statale, né in quello regionale: sono proprio state dimenticate.In terzo luogo, attraverso la “clausola di supremazia” il potere centrale può imporre alle comunità locali qualsiasi tipo di decisione in nome di un non meglio precisato “interesse nazionale”. Si tratta di un vero e proprio commissariamento dei territori che annienta di fatto il principio costituzionale di autonomia e decentramento, solennemente sancito all’articolo 5 della prima parte della Costituzione. In buona sostanza, i contenuti eversivi e antidemocratici dello Sbloccaitalia sanzionati dalla Corte costituzionale vengono costituzionalizzati con il nuovo testo. Il nuovo Titolo V, oltre a non ridurre i contenziosi tra Stato e Regioni, espone quindi l’Italia a un conflitto permanente e strutturale con l’Unione europea e i suoi trattati fondativi, con esiti non prevedibili. Questa controriforma non fa altro che allontanarci dall’Europa. Da una parte l’Europa e suoi più grandi stati che si muovono verso sostenibilità e partecipazione, ricerca nell’innovazione. Dall’altra parte avremo un’Italietta che piega tutela ambientale e democrazia a vecchie logiche che vorrebbero il nostro paese come terra di conquista per cementificatori, speculatori finanziari e petrolieri che, non a caso, sostengono compatti la “riforma” che hanno dettato al Governo"

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